Miss Universo …

Author: Stefania Carlotto

Una miss universo da riscoprire, per amarla perdutamente!

Published: Monday, September 12nd, 2016 - H.11:31AM
Author: Stefania Carlotto

La “Miss Universo” delle diete è certamente la Dieta Mediterranea:  titolo che ha conquistato nero su bianco solamente nel 2010 quando è stata incoronata dall’UNESCO patrimonio immateriale dell’umanità
ma i cui principi e i cui contenuti sono stati studiati ed apprezzati a partire dal secondo dopoguerra.

Purtroppo i ritmi di vita sempre più incalzanti e il bombardamento di notizie e nozioni ci hanno portato ad avere poca considerazione del cibo, ritenendolo una mera necessità di sostentamento (i fast-food ne sono una vivida testimonianza), a scapito dell’attenzione che dovremmo prestare sia alla qualità degli alimenti, sia al tempo da dedicare per la preparazione e il consumo dei nostri pasti.
Ultimamente, però, si avverte un’inversione di questa tendenza.

Innanzi tutto si sta riscoprendo l’originale Dieta Mediterranea nel suo esatto significato e cioè quello di un corretto stile di vita, che comprende:

  •   Alimentazione - stagionalità - consumo di prodotti locali
  •   Attività fisica
  •   Convivialità

Le prime conseguenze positive, sono una maggior oculatezza negli acquisti, la riscoperta dello slow-food e la ricerca di un “corretto stile di vita”.
E’ vero che spesso ci lasciamo distrarre da mille cucine e da mille diete, alcune decisamente improbabili, altre che si ispirano ad una filosofia di vita, ma secondo me ogni cambiamento è positivo.
Personalmente credo che ci stiamo semplicemente arrendendo al fatto che il nostro corpo, per stare bene, oltre che di alimenti con il giusto valore nutrizionale,
ha anche bisogno di un certo tempo per poter assimilare correttamente ciò che mangiamo e che quindi è essenziale dedicare le attenzioni che merita,
in termini sia di qualità, sia di quantità.
Ma, dato che risulta difficile fare qualcosa solo perché dettato dal buon senso, si ammantano queste semplici decisioni con tanti discorsi e una moltitudine di spiegazioni, fortunatamente con l’apporto sempre più incisivo delle direttive delleorganizzazioni mondiali della salute e della sanità.

Dire che ci si nutre per vivere suona banale, ma quante persone fanno del cibo il punto focale della loro esistenza?  Ancora troppe.
Tanto che ormai nelle società occidentali paradossalmente si muore di troppo cibo in contrapposizione a chi muore di denutrizione.
Prestando attenzione alle nostre abitudini alimentari, si scopre che tendono a soddisfare non solo e non tanto le nostre esigenze nutrizionali,
ma altri sensi e, addirittura, alcuni sentimenti: il gusto, per esempio, o la sensazione appagante dell’essere “sazi e pasciuti”, assonnati come pitoni dopo aver ingoiato la preda!
E ancora, quante volte, anziché dedicarciai figli, li rimpinziamo di dolciumi, triste surrogato di coccole, carezze e parole buone?

Non a caso la pubblicità associa a merendine, biscotti e quant’altro l’immagine stereotipata di “famiglia felice” …
Avete mai visto pubblicizzare la frutta? O i libri? O i musei? No di certo!
Anche perché una loro maggiore frequentazione consentirebbe a bambini, famiglie e persone in genere di modificare il loro stile di vita a scapito degli acquisti:
meglio che le famiglie nel fine settimana vaghino tra gli scaffali dei centri commerciali!

E’ assodato che sempre più spesso ai malesseri interiori e profondi si associno soluzioni esteriori e superficiali, come quando, per esempio, per ovviare ad uno stato di nervosismo o di depressione, si ricorre all’acquisto compulsivo.
In questo modo non si affronta il problema che ha causato l’insoddisfazione o il momentaneo nervosismo, ma si preferisce lenire la sofferenza.
La stessa dinamica si riscontra nel nostro rapporto con il cibo, il peso, il benessere: ci raccontiamo che non siamo in sovrappeso, ma che siamo “morbidi”, ci raccontiamo che il ventre prospiciente è “tutta salute” e che non si muore di troppo cibo, ma di fame.
Affermazione smentita dalla realtà:  i dati ci dicono, al contrario, che nei paesi occidentali oggi si muore perché si mangia troppo e male.
Pur sapendo che ci è stata sottratta la qualità a favore di profitti personali, non ci ribelliamo e accettiamo passivamente per “abitudine” e superficialità.
Ovviamo alla mancanza di attività fisica con qualche seduta in palestra o qualche camminata nel fine settimana, ma continuiamo a usare auto e ascensore anziché piedi e scale.
Così ci siamo abituati ad ignorare i campanelli di allarme lanciati dal nostro corpo e leniamo i sintomi (con ciò che la pubblicità ci mette in testa), anziché intervenire sulle cause.

In buona sostanza siamo vittime di condizionamenti che potremmo facilmente bloccare.  Vi propongo una breve riflessione sull’evoluzione storica del concetto di forma fisica e sulle contraddizioni ad esso correlate:
se prima del boom economico il sovrappeso e l’obesità non erano un problema sociale, oggi costituiscono una vera e propria emergenza:
se è vero che l’avvento delle sfilate di moda, delle Barbie e di altre bambole “modelle” ha influenzato pesantemente le abitudini alimentari delle adolescenti,
fino a sfociare in problemi di carattere sociale, come l’anoressia, è altrettanto vero che il contrasto alla diffusione dei disturbi alimentari, anziché puntare sull’importanza dell’alimentazione corretta e di un sano stile di vita, si è troppo spesso risolto nell’esaltazione del “grasso è bello”.
Siamo vittime di condizionamenti pubblicitari …  ma basterebbe semplicemente pensare che nel momento in cui abbiamo un problema fisico non c’è fotografo di grido, pubblicitario d’assalto o giornalista impegnato che venga a darci una mano a risolverlo.
Sono solo fatti nostri, della nostra famiglia, dei nostri amici più cari.  Alla fine siamo importanti quando ricopriamo il ruolo di “bacino di utenza” o rientriamo in un “target”, siamo zero quando ne siamo fuori.

Quindi, prendersi cura di se stessi è il nostro primo dovere, anche perché ci aiuta ad avere una maggiore percezione del mondo che ci circonda, predisponendoci ad informarci, ad essere critici e a fare scelte ponderate.

C’è qualcosa che sapete, ma che non sapete di sapere.
Quando scoprite ciò che sapevate, ma che non sapevate di sapere,
sapete di poter incominciare
.”

            (Milton H. Erickson)

Stefania Carlotto