Cavoli a merenda

Author: Stefania Carlotto

Perché non mettere i cavoli a merenda?

Published: Monday, September 30th, 2019 - H.03:00PM
Author: Stefania Carlotto

Da qualche giorno si sono accesi i riflettori su merendine e bibite gassate.
E’ perché favoriscono il sovrappeso e l’obesità e rientrano in uno “stile di vita errato”? NO!
Semplicemente per pagare gli stipendi ai professori (ci dicono … ma non entro nel merito).
Eppure da anni e da più parti, sono giunte richieste per disincentivare il consumo di alimenti troppo calorici.
Hanno trovato riscontro? NO!

Nel 2011 la Dichiarazione di Mosca sugli Stili di Vita Salutari e sul Controllo delle Malattie non Trasmissibili affermava:
Noi … riconosciamo che un cambio di paradigma è indispensabile di fronte alle sfide imposte dalle Malattie non Trasmissibili,
dal momento che queste malattie non sono solo causate da fattori biomedici ma possono anche essere causate, o fortemente influenzate, da fattori comportamentali, ambientali, sociali ed economici
”.
Qualcuno ha concretamente fatto qualcosa in risposta a questa affermazione? NO!
Vari paesi hanno percorso la strada della tassazione, constatando che non porta risultati apprezzabili …
Talvolta imparare dalle esperienze fatte da altri potrebbe essere utile … “almeno talvolta”.
Non a caso la comunità scientifica ritiene che per ridurre l’insorgenza di patologie serve un progetto di 7/8 anni.
In questo periodo occorre inserire l’educazione alimentare, la consapevolezza dell’importanza delle nostre scelte,
la responsabilità personale della propria salute.
Migliorare lo stato di salute dei cittadini consente un risparmio in termini di vite umane e un aumento della qualità della vita,
con una conseguente riduzione delle spese sanitarie (Italia 115 Miliardi nel 2018).

Nel 2015 è stato pubblicato un interessante studio nel bollettino del WHO, che titola
Aumento dell’approvvigionamento energetico alimentare quale principale motore dell’epidemia di obesità: un’analisi globale”.
Nel leggerlo la prima cosa che mi è apparsa strana nella sua evidenza, è che già nel 1971
la comunità scientifica internazionale presumeva un aumento sconsiderato di sovrappeso/obesità.
Ne deduco che quindi aveva ben presente quali fossero le “anomalie” che avrebbero influito sulla salute della popolazione mondiale
nel corso dei successivi cinquant’anni. Nonostante questa “intuizione” non furono presi provvedimenti importanti,
né si cercò di dare maggiori informazioni ai cittadini, né si operò per limitare l’aumento del consumo di prodotti evidentemente poco salutari
(una ipotesi: forse perché portatori di fatturati importanti?).
Anche in questo caso non entro nel merito, pur trattandosi di un tema che mi sta a cuore e che ho già approfondito
(vedi “I falsi coadiuvanti del benessere e il ruolo della pubblicità”).
A proposito della potenza della pubblicità, vediamo tutti quali siano i risultati di ormai 133 anni di pubblicità della Coca Cola
e, soprattutto, la stridente posizione assunta da Coca Cola, Mc Donald e Ferrero nell’essere tra gli sponsors dell’Expo del 2015
il cui slogan era “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.
Tornando allo studio citato, ciò che salta all’occhio è che abbia fissato, come in una fotografia,
la situazione dell’aumento del peso delle persone in tutto il mondo:
la proporzione di adulti con una massa corporea (BMI) uguale o maggiore di 25 kg/mq,
è aumentata dal 28,8% al 36,9% tra gli uomini e dal 29,8% al 38,0% tra le donne, negli anni dal 1980 al 2013.
Ognuno di noi può rendersi conto della veridicità di quanto riportato, semplicemente guardandosi attorno.
Evidentemente però non tutti colgono la gravità e la portata del sovrappeso e dell’obesità
e la maggior parte delle persone non sa né che questo è oggi tra i maggiori problemi di salute pubblica,
né quali siano in concreto le malattie che ne possono derivare.
L’Italia peraltro ha anche il tristissimo primato di “adolescenti in sovrappeso” e anche questo è un dato che impressiona
se si considera che abitiamo la nazione che offre una biodiversità alimentare tra le maggiori al mondo,
tanto che la famosa “Dieta Mediterranea” trova qui i suoi natali, grazie agli studi condotti da Ancel B. Keys a partire dagli anni ’50.
Eppure l’Italia fu la prima nazione al mondo che si dotò, nel 1987,
di una legge dedicata specificamente alle “Disposizioni per la prevenzione e la cura del Diabete Mellito”
e pertanto possiamo fruire di una rete capillare di ambulatori e servizi dedicati al tema.
Abbiamo centinaia di professionisti che si occupano di nutrizione e nonostante ciò la situazione negli ultimi trent’anni
non ha visto alcun miglioramento, anzi:
secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Arno/Cineca, riferito al 2017, circa 40.000.000 di italiani hanno uno stile di vita diabetogeno.

L’aumento delle persone con il diabete è più del doppio rispetto a vent’anni fa e il 35% di queste sono in età lavorativa.
Finora non c’è traccia di un’inversione di tendenza.
Queste notizie e informazioni mi hanno spinta ad approfondire il tema e, nel mio piccolo e con le poche risorse disponibili,
a cercare di fare qualcosa di concreto, che per me significa condividerle con il maggior numero di persone.
La combinazione tra l’aumento degli ammalati e la riduzione di risorse per le spese sanitarie,
ha fatto nuovamente scattare l’allarme qualche anno fa.
Tra gli altri, il Dr. C. Wild, Direttore dell’AIRC (Associazione Internazionale Ricerca sul Cancro) disse:
“Abbiamo disperatamente bisogno di più impegno sul fronte della prevenzione e del rilevamento
delle fasi iniziali per integrare le cure sempre migliori e rispondere alla crescita preoccupante dei casi di cancro nel mondo”,
e pure il Presidente dell’ESC (Società Europea di Cardiologia), Prof. Fausto Pinto, chiese di favorire la prevenzione,
attivando campagne educative sul tema dell’alimentazione e dello stile di vita.
L’allora Direttore Generale dell’O.M.S. Dr. Margaret Chan nel 2013 promosse “Obiettivo Salute 2020”,
strumento per consentire una maggiore partecipazione della cittadinanza europea all’attività di prevenzione e, purtroppo,
lo strumento non fu utilizzato compiutamente, né fu messo a disposizione da parte delle Regioni
a chi volesse impegnarsi in questa campagna di sensibilizzazione.

Ed è proprio questo che si dovrebbe fare:
cercare di coinvolgere i cittadini perché solo se ognuno di noi fa la sua parte coscientemente si possono ottenere dei risultati concreti.
E’ doveroso e meritorio cercare di fornire i migliori strumenti agli ammalati,
ma sarebbe altrettanto doveroso rivolgersi a chi la salute ce l’ha per dare indicazioni utili a mantenerla.
Questo era il piano di 7 anni promosso dall’OMS e rivolto all’Europa,
ma l’averlo ignorato ha portato solo ad aggravare una situazione già pesante della spesa sanitaria,
oltre che avere un aumento di ammalati e di persone che soffrono, di famigliari che stanno in pena, di ore di serenità perse.

Possiamo anche mettere “i cavoli a merenda”, ma se le persone non sanno
perché è importante inserirli nel nostro regime alimentare,
continueranno ad ignorarli e considerarli solo una verdura dal cattivo odore.

Stefania Carlotto