La salute vien mangiando!

Author: Stefania Carlotto

La salute vien mangiando!

Published: Wednesday, January 25th, 2017 - H.10:51AM
Author: Stefania Carlotto

Come sono cambiati i tempi: una volta si diceva “l’appetito vien mangiando”, ora sempre più spesso sentiamo dire “la salute vien mangiando”.

Una volta non sempre trovavamo a tavola ciò che ci piaceva e non c’erano molte possibilità di scelta, le mamme erano più “sbrigative” (anzi, ora diremmo “pragmatiche”), ci incitavano a mangiare dicendoci appunto che l’appetito vien mangiando, o più frequentemente, se l’origine era veneta, “magna e tasi” (mangia e taci).
Secondo me era un ottimo modo per indurre nei bambini e nei ragazzi l’abitudine ad un certo ordine e sostanzialmente anche poche preclusioni alimentari.  D’altra parte il benessere della famiglia era assunto come responsabilità da parte della donna.
Se ci pensate era così che venivano trasferite proprio quelle abitudini alimentari che contrastano l’”imprinting diabetogeno” (come afferma il Prof. Bonora, già Presidente del SID, Società Italiana Diabetologica ed attualmente Presidente della Fondazione Ricerca Diabete Onlus).

Una volta la mamma si occupava della spesa, variava le preparazioni in base al tempo a disposizione e così facendo, almeno a casa mia, gli arrosti o gli spezzatini si mangiavano di domenica perché durante la settimana non c’era il tempo per prepararli.  Allora non c’era nulla che faceva “quattro salti” nelle padelle e il microonde non era ancora nelle nostre cucine. Minestrone, passati di verdure, risotti e pasta si alternavano e, se si aveva ancora fame, una mela e via!
I dolci erano occasionali e spesso erano riservati alle cerimonie e alle festività:  dal panettone di Natale alle uova di cioccolato a Pasqua, passando per le frittelle di Carnevale.

In questo contesto risultava innegabilmente più facile attenersi ai principi della Dieta Mediterranea.
Oggi invece siamo struzzi, che ingoiano di tutto, sia che si tratti di cibo, sia che si tratti di informazioni.  Il punto è che ci alimentiamo prevalentemente con “cibo-spazzatura” e ci affidiamo spesso a “informazioni-spazzatura”.

L’informazione peggiore è comunque quella che in concreto non dà affatto informazioni, ma che magnifica le proprietà dei prodotti.
Prestiamo attenzione alla pubblicità che ci viene quotidianamente propinata, quella relativa per esempio al cibo e ai farmaci.
La prima non ci dice nulla su come stare in salute (a parte la cantilena dei cinque colori, a mio avviso assolutamente inconsistente perché non supportata da spiegazioni) o su come apportare aggiustamenti al nostro stile di vita, inducendoci invece ad assumere cibi ad alto contenuto calorico e a basso contenuto nutrizionale, mentre le case farmaceutiche danno per scontato che siamo ammalati e promuovono i prodotti in modo tale che le persone non pensino di poter intervenire in prima persona per evitare la malattia.
Il fatto poi che ci siano farmaci “da banco” e quindi facilmente reperibili, secondo il parere proprio e non quello medico, ci ha reso progressivamente sordi ai segnali che ci invia il nostro corpo quando non è in forma.
Non solo, tanto introiettata è questa deresponsabilizzazione nei confronti della nostra salute, che arriviamo a sostenere, ad esempio, che se ci becchiamo un’influenza con annessi tosse, mal di gola, diarrea, bronchite eccetera, non è perché noi non siamo stati capaci di sostenere il nostro sistema immunitario, ma perché il virus è particolarmente diabolico!  Eppure non tutti ci prendiamo l’influenza pur venendo a contatto con gli stessi virus!
Ciò significa che ci sono persone che ritengono la loro salute una loro responsabilità e adottano tutto quanto serve per sostenerla e preservarla.  Relegare lo stare bene alla fortuna è come mettere la testa sotto la sabbia, è come considerare il nostro corpo qualcosa che non ci appartiene.
Essere consapevoli e prendercene la responsabilità è un nostro dovere, non solo verso noi stessi, ma anche nei confronti di tutti coloro con cui ogni giorno ci relazioniamo.

Non dimentichiamo infine un aspetto solo apparentemente più marginale:  ai costi personali della malattia (fisici-psicologici ecc.), dobbiamo aggiungere anche i costi sociali.  Pensiamo ad esempio al diabete, anzi, guardiamo come questa patologia impatta in Italia.

Ognuno di noi può fare qualcosa per non essere contemplato in questa statistica.  Come? Con le solite semplici regole, talmente solite e talmente semplici che molti faticano a recepirle e farle proprie. Mangiare il giusto e di qualità, preferire verdure, legumi, cereali e frutta, limitare le carni e i dolci, fare attività fisica ogni giorno – almeno una camminata di mezz’ora a passo sostenuto e un paio di volte la settimana un allenamento più intenso -, bere molta acqua.
Da notare che sono regole raccomandate anche dall’IARC (Agenzia Internazionale Ricerca del Cancro), che al primo posto pone il “restare magri per tutta la vita”.
Ecco quindi che la correlazione tra l’insorgenza del diabete e il sovrappeso/obesità è altrettanto importante nella correlazione tra l’insorgenza di patologie oncologiche e il sovrappeso/obesità e, guarda caso c’è la stessa correlazione nelle patologie cardiovascolari!
Possibile che sia così difficile cercare di cambiare qualcosa di fronte a tali evidenze?
E ancora, possibile che invece, di fronte ad una diagnosi certa di malattia, magicamente si trova il tempo per cambiare qualcosa o addirittura completamente la nostra vita?  Ma dobbiamo proprio arrivare a sbatterci il naso, o non è più “salutare” metterci in condizioni di non arrivare a varcare la soglia di un ospedale?
Ci sono un sacco di modi per cambiare il proprio stile di vita, per mangiare meglio anche senza fare diete psicologicamente frustranti, per mantenere il corpo libero da tossine e garantire agli organi di lavorare al meglio!  Non credo manchi la possibilità di informarsi e di scegliere l’informazione … siamo ancora liberi almeno di fare questo, o no?

Per renderci conto di quanto sottovalutiamo il diabete, diamo un’occhiata al prossimo schema e proviamo a pensare a quanti conoscenti convivono con questa malattia …
Fermiamoci a pensare alla loro qualità di vita…  Credo che nessuno di noi sdogani il problema con un bel “mal comune mezzo gaudio”!

Vi riporto infine i dati relativi alle complicanze del diabete, giusto per renderci conto di che cosa accade anche se non lo vediamo con i nostri occhi:

Ringrazio sentitamente il Prof. Enzo Bonora che mi ha permesso di utilizzare il suo materiale (tratto dall’Audizione presso la Commissione Sanità del Senato il 6 dicembre 2016).

Spero davvero che qualcuno di voi, dopo aver letto questo articolo, cominci a prestare più attenzione a se stesso e a volersi un po’ più di bene, decidendo di mangiare un pochino meno e un pochino meglio, di cominciare ad adottare un piccolo cambiamento nel proprio stile di vita, pensando anche ai figli, che attraverso comportamenti esemplari acquisiranno abitudini migliori.

Madre Teresa di Calcutta diceva: “Quello che facciamo è soltanto una goccia nell'oceano.  Ma se non ci fosse quella goccia, all'oceano mancherebbe” …  non cadiamo nell’errore di pensare che il cambiamento di ognuno di noi non serva a nulla o che sia poca cosa …  sarebbe l’ennesimo alibi per sottrarci alla responsabilità individuale!!!

Stefania Carlotto